Non potevamo buttare via 20 anni di esperienza: credevamo che ci fosse ancora un futuro per l’azienda, e volevamo dimostrarlo. Tanto più che il lavoro non è mai mancato.
La decisione di liquidare l’azienda da parte del proprietario è stata una notizia inattesa per me e per gli altri operai della Bulleri Brevetti di Cascina. Il lavoro e le commesse non sono mai diminuiti, ma con la cattiva gestione e le difficoltà di bilancio, da un giorno all’altro ci siamo ritrovati senza lavoro.
Macchine con una lunga vita
La Bulleri è un’azienda storica del polo industriale di Pisa, nata nel 1935. Famosa per la produzione di macchinari per la lavorazione del legno, della plastica e dell’acciaio. Ma nel 2009 si trova ad affrontare difficoltà di gestione e di bilancio.
Eravamo 47 dipendenti in cassa integrazione, con mesi di arretrati non pagati. Molti si sono appoggiati alle famiglie, con la preoccupazione di dover cercare un nuovo posto di lavoro e la paura di non riuscire a trovarlo. Per un anno noi lavoratori, le istituzioni e l’intera comunità di Cascina si mobilitano per impedire la chiusura di quella che è una realtà di eccellenza del settore. Eppure non abbiamo trovato nessuno disposto a investire: gli imprenditori locali non sembrano interessati a rilevare l’azienda.
Riprendere in mano il futuro
Non c’era motivo per chiudere la ditta e perdere l’esperienza e le competenze di tanti operai, progettisti, disegnatori. Per questo abbiamo deciso di costituirci in cooperativa e prendere in mano il futuro, il nostro e quello dell’azienda.
Dieci operai hanno rinunciato alla cassa integrazione e ottenuto in liquidazione straordinaria 10 mila euro a testa, versati all’azienda. Altri 16 operai hanno investito la cifra simbolica di 150 euro. Nel luglio 2010 nasce così, con il supporto delle istituzioni pubbliche, dei finanziamenti della Banca di Cascina e di Fidi Toscana, la Nuova Bulleri Brevetti – in forma cooperativa.
"La vera risorsa dell’azienda è il capitale umano, non le macchine o i capannoni. è da questo che siamo ripartiti".
Sono passati quattro anni e abbiamo le prove di quello che abbiamo realizzato con la tenacia di tutti i soci. Il capannone dove adesso le macchine lavorano a pieno ritmo, alla riapertura era vuoto. Non c’erano nemmeno gli impianti per la produzione di nuovi ordini.
Nella prima fase abbiamo ripreso i contatti con i vecchi clienti, e ci siamo occupati dell’assistenza e della manutenzione dei macchinari venduti. Una volta arrivate le prime commesse, la produzione è ricominciata.
Da operaio tanti problemi non li percepivi, entravi alle 8 della mattina e uscivi la sera, non ti preoccupavi se la ditta andava bene. Da quando siamo soci, siamo responsabili del destino della fabbrica: lavoriamo per noi stessi. Un bullone, se prima lo avvitavi così, adesso cerchi di avvitarlo con un po’ più di… coscienza.