di Erika Facciolla (TuttoGreen)
Il concetto di sostenibilità può e deve essere declinato in ambito economico, sociale e ambientale. Perché queste tre sfere riescano a convivere in maniera armonica in un unico ecosistema è necessario adottare politiche partecipate, lungimiranti e condivise.
Sostenere quello che oggi può essere definito ‘invecchiamento attivo’ rappresenta una chance importante che può ispirare diverse forme di socialità green e una cultura orientata alla solidarietà inter-generazionale. Ma quali sono le opportunità più concrete in Italia?
La riflessione sul rapporto che lega sostenibilità ambientale e sociale riferita, in particolare, all’età anziana potrebbe partire da un dato statistico abbastanza significativo: nei paesi occidentali, Italia compresa, tre quarti della popolazione anziana vive in città. Vien da sé che un’assennata gestione degli spazi urbani e della loro fruibilità è il requisito fondamentale per salvaguardare il delicato equilibrio che lega uomo e ambiente.
Ed è proprio a partire dal grado di accessibilità, di sicurezza e di vivibilità dell’ambiente urbano rapportato alle persone in età anziana che si intuisce quanto le nostre città siano davvero sostenibili.
A fare la differenza sono principalmente le iniziative che incoraggiano a vivere la città e gli spazi verdi senza segregazioni o marginalizzazioni sociali. Che promuovono la rinaturalizzazione urbana attraverso la partecipazione e la socialità. Che invitano tutte le componenti sociali alla riappropriazione del patrimonio naturale, culturale e storico. Che sostengono attivamente stili di vita sostenibili con la creazione di percorsi pedonali, orti urbani, parchi di quartiere e aree verdi protette destinati soprattutto ad essere fruiti dalla comunità degli anziani.
Eco-pensionati e cittadinanza attiva
Il sapere degli anziani rappresenta un patrimonio materiale e immateriale di inestimabile valore che può esprimersi in diverse forme di eco-cittadinanza attiva come le buone pratiche legate all’agricoltura sociale, l’eco-volontariato e la diffusione di una cultura del risparmio e del rispetto per l’ambiente presso le nuove generazioni.
Oggi un numero sempre maggiore di pensionati e persone non più giovanissime è impegnato quotidianamente in attività che hanno a che fare con la tutela del patrimonio ambientale e con la salvaguardia di flora e fauna.
Non a caso, l’agricoltura sociale si sta affermando sempre più come strumento di reinserimento sociale, utile soprattutto a chi è entrato negli anni d’argento della propria vita.
" Nel nostro Paese le amministrazioni locali hanno saputo conciliare l’esigenza di sostenibilità ambientale con iniziative a supporto dell’invecchiamento socialmente attivo".
Senza considerare tutti i pensionati impegnati come eco-volontari che mettono a disposizione della comunità un po’ del proprio tempo libero svolgendo l’attività di controllori (eco-guardie) e operatori ambientali. Centinaia e centinaia di pensionati, insomma, aderiscono ad associazioni di volontariato ambientale o si impegnano autonomamente in iniziative a sostegno dell’ambiente. Spesso gli input più interessanti partono proprio dall’associazionismo e dal volontariato e si traducono in politiche di welfare apprezzabili ma ancora intermittenti, che non trovano un’applicazione omogenea sul territorio.
Nel nostro Paese, infatti, convivono realtà dove le amministrazioni locali hanno saputo conciliare l’esigenza di sostenibilità ambientale con iniziative a supporto di quello che potremmo definire invecchiamento socialmente attivo.
In altre, invece, la mancanza di associazionismo, la carenza di infrastrutture e il degrado urbano acuiscono fragilità e incertezze di chi avrebbe ancora tanto da dare al territorio e alla comunità di appartenenza. Nonostante le difficoltà e le lacune legislative, un’indagine del Censis ha rivelato che nel corso degli ultimi anni quasi un milione di anziani e pensionati italiani ha svolto attività gratuite di volontariato ambientale o partecipato a progetti di agricoltura sociale e condivisa.
In ogni città, di fatto, il volontariato degli anziani si è rivelato una risorsa preziosa per la cura e la tutela del territorio e dell’intera comunità.
Fattorie sociali e orti condivisi
In città come in campagna, l’agricoltura sociale è diventata protagonista di quel modello di welfare in cui la tutela ambientale, la valorizzazione dell’individuo e l’integrazione sociale trovano la loro massima espressione. Nelle fattorie sociali, ad esempio, oltre l’agricoltura e l’allevamento, si sperimentano attività socio-sanitarie, educative e ricreative e si persegue l’obiettivo di ‘inclusività’ rivolto a tutte le categorie a rischio emarginazione.
Per anziani e pensionati l’esperienza nelle fattorie sociali si trasforma in un’occasione di aggregazione e di reinserimento socio-lavorativo. Per Governi e Istituzioni rappresenta una delle strade più facilmente percorribili verso nuovi modelli assistenziali in grado di favorire la cosiddetta longevità attiva.
"Gli orti condivisi sono un’occasione di socializzazione e di reinserimento per le persone anziane e contemporaneamente di tutela del territorio e della biodiversità".
Analogamente, gli orti condivisi possono essere considerati parte integrante di questo nuovo modo di fare eco-socialità aggregata. Si tratta di appezzamenti di terreno medio-piccoli collocati in città, spesso in quartieri o aree più degradate, gestiti dal comune o da associazioni senza scopo di lucro.
Anche in questo caso l’idea è quella di offrire un’occasione di socializzazione e di reinserimento a tutta la comunità, in particolare alle persone anziane, sostenendo la loro autonomia e il benessere psico-fisico. Contemporaneamente, si tutela il territorio, la biodiversità e si favorisce la trasmissione delle tecniche di coltivazione più antiche di generazione in generazione.
La concessione di queste aree, le cui dimensioni di solito vanno dai 40 ai 50 mq, avviene tramite un apposito bando pubblico. Una volta assegnati tutti i lotti, il Comune può chiedere in cambio una piccola somma di denaro a titolo di affitto o semplicemente la ‘promessa’ di prendersi cura di uno spazio altrimenti destinato al degrado e all’abbandono.
Dopo la formazione di una graduatoria, i terreni vengono assegnati agli aggiudicatari per qualche anno, dando così la possibilità di sfruttare pienamente questi spazi per un certo periodo. Successivamente, se si desidera prolungare il periodo di ‘possesso’ occorrerà rinnovare la domanda di assegnazione al Comune.
Come si diventa guardie ecologiche volontarie
Quella della Guardia Ecologia Volontaria può essere definita una vera e propria ‘missione’ che si concretizza nel controllo, monitoraggio, vigilanza e protezione del territorio. Si tratta di un agente volontario di polizia che riveste il ruolo di pubblico ufficiale, con tanto di taccuino alla mano per comminare sanzioni e multe a chi trasgredisce le normative e i regolamenti ambientali in qualsiasi area pubblica.
"La Guardia Ecologia Volontaria è una vera e propria ‘missione’ che si concretizza nel controllo, monitoraggio, vigilanza e protezione del territorio".
Ma cosa fa in concreto un anziano che vuole diventare Guardia Ecologica?
Nei parchi cittadini verificano che i padroni dei cani osservino le regole di buona condotta. Nei boschi e nelle aree protette vigilano su caccia, pesca, fuochi e raccolta funghi. In città l’intervento più richiesto è quello di controllo sull’abbandono dei rifiuti e sul corretto conferimento della differenziata nella raccolta porta a porta.
Buona parte delle GEV sono pensionati che dedicano tempo ed energie alla salvaguardia del territorio. Per diventare Guardia Ecologica Volontaria occorre frequentare un corso di formazione e svolgere un test finale.
A prova superata, la qualifica che si acquisisce è quella di agente di polizia amministrativa con potere di sanzionare chiunque infranga le leggi in materia ambientale. Le mansioni variano a seconda della Regione così come la durata del corso e la complessità dell’esame.
Non è previsto nessun limite di età per diventare GEV, ma la qualifica può essere mantenuta sono a patto di garantire un certo numero di ore di servizio al mese.
A differenza delle guardie volontarie ittiche e venatorie, l’attività delle guardie ambientali in Italia non è regolata da una legge nazionale. La loro gestione è affidata a leggi regionali piuttosto disomogenee che di fatto limitano il coordinamento e l’efficienza degli operatori.
ABC dell’ecovolontario
L’eco-volontariato è una delle attività più amate e praticate da chi ha raggiunto gli anni della tanto agognata pensione ma non riesce a fare a meno di impegnare parte del proprio tempo in qualcosa di socialmente utile.
"Amore per il territorio, per l’ambiente e senso di appartenenza alla comunità sono i valori ispiratori dell’eco-volontario ".
Amore per il territorio, per l’ambiente e senso di appartenenza alla comunità sono i valori ispiratori dell’eco-volontario, che è considerato un vero e proprio operatore ambientale formato, qualificato e reclutato dalle amministrazioni locali tramite bandi di concorso, tirocini e percorsi formativi.
Alcuni di questi sono rivolti esclusivamente ai pensionati e ogni Comune stabilisce attraverso avviso pubblico le tempistiche, le modalità e i criteri della selezione. Nella maggior parte dei casi, gli eco-volontari si occupano di sensibilizzare la comunità alla conoscenza di alcune tematiche ambientali come la raccolta differenziata e aiutano i cittadini nella corretta gestione dei rifiuti.
A differenza delle guardie ambientali, gli eco-volontari non possono comminare multe e sanzioni, ma svolgono un ruolo altrettanto importante per la tutela dell’ambiente.
Chiunque può diventare eco-volontario e dedicare qualche ora del proprio tempo a questo scopo, in primis gli anziani e i pensionati, ma anche giovani, disoccupati e casalinghe.
Nella maggior parte dei casi basta contattare una delle tante associazioni di volontariato ambientale presenti sul territorio o semplicemente offrire spontaneamente il proprio aiuto al canile di quartiere.
Presidiare il territorio
Tutto questo rappresenta ciò che potremmo definire una gestione collaborativa e condivisa del territorio attraverso attività che promuovono l’aggregazione sociale e la sinergia tra cittadini, enti e associazioni.
Attività che non escludono ma includono attivamente chi non è più lavorativamente attivo, pur avendo ancora entusiasmo ed energie da vendere.
Già, perché in una comunità green il motto non può che essere ‘uno per tutti, tutti per uno’, senza eccezioni.
Lo sanno bene le Banche del Credito Cooperativo impegnate per scelta e vocazione nel sostenere le famiglie e le piccole imprese sul territorio.
Tutelare una comunità e accrescere il suo benessere vuol dire gestirne collettivamente e in maniera sostenibile le risorse, creando le condizioni ideali per la nascita di nuove economie.
In questi anni le BCC hanno scritto insieme ai propri clienti tante storie di cooperazione, di persone e di territorio e hanno investito su progetti legati al bene comune grazie alla convinzione che, in fondo, l’unione fa sempre la forza.