La Fondazione Tertio Millennio – Onlus nasce per tradurre i valori del Credito Cooperativo in progetti concreti di solidarietà sociale. Tra questi:
- la promozione, all’interno del Credito Cooperativo, dei valori fondanti che lo costituiscono;
- la diffusione della microfinanza in ambito nazionale ed internazionale;
- l’inserimento nel mondo del lavoro di giovani in situazioni di svantaggio sociale, occupazionale, economico;
- la tutela della legalità, in collaborazione con Libera;
- la tutela e la valorizzazione della natura e dell’ambiente.
"Le mafie hanno paura della libertà e provano a dividerci dalla verità, dai diritti, dal futuro. La migliore risposta è allora quella di unire e unirci. Di saldare le parole ai fatti, le aspirazioni ai progetti, la conoscenza alla responsabilità".
La missione del Credito Cooperativo è lo sviluppo delle comunità di cui sono espressione.
Ecco quindi che trasformare un bene simbolo del potere criminale, come sono i terreni confiscati alla mafia, da bene intoccabile a patrimonio delle comunità chiama le BCC ad un impegno concreto.
Innanzi tutto contribuire ad eliminare gli ostacoli che bloccano il processo di trasformazione dei beni confiscati in opportunità di sviluppo di territori e comunità. Quindi favorendo l’accesso al credito per le cooperative che gestiscono questi beni confiscati.
Con Libera, la Fondazione Tertio Millennio – Onlus (e più in generale il Credito Cooperativo) ha avviato da tempo una collaborazione operativa importante: aderiscono a Libera alcune delle cooperative, che hanno in gestione beni confiscati, sostenute nell’ambito del progetto “Laboratorio Sud”.
Tutor e funzionari di BCC svolgono incontri sui temi dell’economia sociale nell’ambito dei campi estivi che l’associazione di Don Ciotti organizza ogni anno sui terreni confiscati, cui partecipano migliaia di giovani.
La cooperazione è allora una risposta al bisogno di legalità, nelle parole di Don Ciotti:
“Le cooperative nate sui beni confiscati ai boss sono la risposta sostenibile all’insostenibilità delle mafie. Sono le buone pratiche di quell’ Italia che lavora in modo silenzioso e senza clamori. Perché fresca di prospettive, di speranze, di responsabilità, fondate su un impegno vero, tenace e concreto. Sono l’esempio più evidente di un nuovo senso civico, di un senso di identità, di appartenenza e di orgoglio per il proprio territorio, che diventa ‘bene comune’, patrimonio collettivo e condiviso. Sono comunità che acquistano una dimensione innovativa e si trasformano in lavoro vero, servizi e accoglienza.
Le mafie hanno paura della libertà, della freschezza e fanno di tutto per tenercene lontani. Come pure provano a ‘dividerci’ dalla verità, dai diritti, dal futuro. La migliore risposta è allora quella di ‘unire’ e ‘unirci’. Di saldare le parole ai fatti, le aspirazioni ai progetti, la memoria all’impegno, la conoscenza alla responsabilità”.