Ecologisti si nasce

Sono giovanissimi, determinati e consapevoli delle minacce che gravano sul loro futuro.

Chiedono soluzioni e azioni concrete e lo fanno battendo forte i pugni sul tavolo dei potenti. È la “Generazione Z”, quella dei nativi digitali, alias i nativi ecologici.

 

di Erika Facciolla (TuttoGreen)

 

Ecologisti sin dalla nascita, quasi per elezione naturale. Nati nel segno di Google, ma cresciuti in un mondo su cui incombe il pericolo del collasso ambientale. Credono nella forza dirompente del dialogo per risolvere i conflitti sociali e non hanno paura di prendere posizione e di schierarsi. Sono appena adolescenti, poco più che bambini, nati tra il 1995 e il 2012. Quella a cui appartengono è la “Generazione Z”, la stessa che alcuni chiamano Centennials, iGen, Plurals o Post-Millennials, anche se non c’è etichetta che possa ingabbiarli in una definizione.

Digitali di nascita, ecologisti per necessità. Cresciuti a pane e internet. Abituati a socializzare e comunicare attraverso il filtro dei social media, ma senza restare impigliati nelle trame della Rete. Analitici, pragmatici, decisionisti e pronti all’azione collettiva. Ma soprattutto, determinati ad opporsi alle politiche economiche ed industriali che negli ultimi decenni hanno reso la Terra un luogo invivibile.

Nei loro volti puliti e negli sguardi fieri c’è lo spirito combattivo di una generazione che ha sposato senza timori la causa ecologista, che crede nella tolleranza, che rifiuta il razzismo, l’omofobia e tutti quei comportamenti che violano i diritti dell’uomo. Vogliono aiutare il prossimo, non temono la diversità e non si tirano di certo indietro se c’è da battersi in difesa dell’ambiente, consapevoli che il futuro non è mai stato così incerto.

Centennials ecologia

Generazione Z vs cambiamenti climatici

Per i nativi digitali della “generazione Google” non esiste un prima e un dopo Internet, quindi poco importa se trascorrono ore e ore su Instagram o nella realtà virtuale degli e-game. Il web e le tecnologie digitali rappresentano la lente attraverso cui hanno imparato a guardare il mondo e a prendere coscienza della precarietà della condizione umana.

Una precarietà a cui si ribellano promuovendo un modo di vivere e pensare etico, responsabile e consapevole a partire dalle piccole azioni quotidiane. Non a caso, condividono uno stile di vita salutista, basato sempre più spesso su una dieta vegetariana o vegana non tanto per scelta etica, ma per necessità pratica: ridurre l’impronta ecologica per avviare il cambiamento. Un atto di responsabilità inevitabile e necessario verso il Pianeta che ora chiedono a gran voce anche ai leader più potenti della Terra.

Per riuscirci, il 15 marzo 2019 hanno unito le loro voci in un coro di protesta proclamando il primo sciopero globale contro i cambiamenti climatici. Un evento che ha unito milioni di ragazzi provenienti da ogni angolo del Globo in un movimento forte e coeso, ma soprattutto spontaneo, diventato “virale” grazie alla potenza della rete.

 

 

Attivisti 4.0

La community di questi giovani attivisti è l’espressione emblematica della lotta ambientalista in versione 4.0. Ma come ogni battaglia che si rispetti, non poteva che avere i suoi paladini. Il primo nome che viene in mente è senza dubbio quello di Greta Thunberg, la sedicenne svedese promotrice di una protesta globale senza eguali a favore dello sviluppo sostenibile.

Preoccupata dall’ondata di calore eccezionale che aveva provocato la distruzione di vaste zone boschive del suo paese, il 20 agosto 2018 l’impavida adolescente di Stoccolma ha iniziato a saltare la scuola ogni venerdì, fino alle elezioni legislative previste nello stesso anno. Una protesta che Greta ha portato di settimana in settimana davanti la sede del Parlamento svedese dove improvvisava il suo personalissimo sit-in.

Striscione in mano ed espressione serissima, Greta chiedeva al Governo del suo Paese un impegno concreto contro il surriscaldamento globale e gli effetti dei cambiamenti climatici. I suoi green friday hanno raccolto adesioni in tutto il Mondo – a suon di hashtag e condivisioni – e hanno dato vita al primo movimento studentesco internazionale #fridayforfuture.

Alla Conferenza del Clima che si è tenuta il 4 dicembre 2018 a Katowice, in Polonia, Greta è salita sul palco, ha impugnato il microfono e ha lasciato a bocca aperta la platea con un discorso memorabile:

Voi parlate soltanto di un’eterna crescita dell’economia verde poiché avete troppa paura di essere impopolari […]. Non siete abbastanza maturi da dire le cose come stanno. Lasciate persino questo fardello a noi bambini. […] La biosfera è sacrificata perché alcuni possano vivere in maniera lussuosa. Se è impossibile trovare soluzioni all’interno di questo sistema, allora dobbiamo cambiare sistema”.

Concludendo il suo intervento, ha lanciato un monito ai leader mondiali presenti in tribuna:

Non siamo venuti qui per pregare i leader a occuparsi della crisi del clima. Tanto ci avete ignorato in passato e continuerete a ignorarci. Voi non avete più scuse e noi abbiamo poco tempo. Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no: il vero potere appartiene al popolo”.

Strike For Future

#Strikeforfuture

Chi ha tentato di sminuire il fenomeno derubricandolo ad evento transitorio, ad una moda del momento, è stato smentito dai fatti. Siamo di fronte ad un movimento di grande rilevanza storica e sociale, destinato a lasciare il segno, sia per proporzioni che per contenuti.

Un movimento che alcuni hanno già paragonato alla lotta Sessantottina contro l’autoritarismo e le vessazioni sulla classe operaia, ma con una differenza sostanziale: l’onda ecologista di questa generazione è spontanea, autonoma, scevra da qualsiasi contaminazione politica.

È una protesta figlia della comunicazione digitale, delle logiche del web e del tam tam della rete che amplifica i messaggi e li diffonde alla stessa velocità del pensiero.

In occasione del “Global Strike For Future” – la prima protesta mondiale a cui hanno aderito studenti provenienti da oltre 100 paesi del Mondo – questi giovani difensori dell’ambiente hanno ribadito le richieste di Greta:

Attuate oggi stesso la transizione dal modello fossile a quello delle energie pulite e rinnovabili, per evitare all’Italia, all’Europa e al mondo intero gli effetti degli sconvolgimenti climatici: catastrofi naturali, gravi carestie e i conseguenti fenomeni migratori fuori scala. Chiediamo di abbattere del 50% le emissioni di gas serra rispetto all’epoca preindustriale entro il 2030, per raggiungere Zero emissioni nel 2050”.

Politiche più responsabili, quindi, non solo a parole ma anche nei fatti. Filiere più eque e solidali. Meno plastica, meno sprechi alimentari e più rispetto per le poche risorse naturali ancora disponibili. Il futuro non è barattabile con la speranza, perché il tempo a nostra disposizione è finito: ciò che i “piccoli” chiedono ai “grandi” è l’azione, vero motore del cambiamento.

In questo contesto, anche le Banche di Credito Cooperativo sono da sempre attente alla tutela ambientale, al risparmio energetico e all’utilizzo consapevole delle risorse, in coerenza con il dettato statutario che impegna ogni BCC a promuovere la crescita responsabile e sostenibile del territorio nel quale opera. Credono e investono da anni sullo sviluppo sostenibile del territorio: dopo l’attività di finanziamento per la diffusione delle energie rinnovabili svolta in partnership con Legambiente (270 milioni di euro per 5.700 finanziamenti), nel 2017 hanno erogato circa 38 milioni di euro per finanziamenti green a favore di 1.171 beneficiari.

 

 

 

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