Futuro plastic-free

Ci può essere un futuro senza plastica? Cosa si può fare, cosa si dovrebbe fare e cosa stiamo facendo per salvaguardare l’ambiente da questo pericolo incombente? A piccoli passi, si punta dritto al cambiamento con meno plastica all’orizzonte.

di Erika Facciolla (TuttoGreen)

 

Ognuno di noi produce ogni anno circa 100 kg di rifiuti in plastica. Se proviamo a moltiplicare questo dato per la popolazione italiana, il risultato che otteniamo è una cifra spaventosa. Di questi 100 kg di rifiuti, ben 35 sono costituiti da imballaggi e altri materiali di supporto utilizzati nell’industria alimentare.

Plastica che potrebbe essere facilmente riutilizzata e riciclata prima di diventare spazzatura, se solo fossimo disposti ad un piccolo sforzo di buona volontà. Senza considerare che trasformare gli oggetti in spazzatura non danneggia solo l’ambiente, ma anche l’economia perché rappresenta un enorme spreco di risorse e di materie prime preziose.

La realtà, come al solito, è ben più amara di come la si vorrebbe immaginare: gran parte della plastica che produciamo finisce in discarica ammucchiata con altri rifiuti, se non addirittura dispersa nell’ambiente dove provoca enormi danni all’ecosistema terrestre e marino.

Uno dei risultati più tangibili di questo fenomeno sono le impressionanti isole di plastica galleggianti nei fiumi, nei laghi, nei mari e negli oceani di tutto il Mondo, Mediterraneo incluso. Si chiamano plastic patches e raggiungono per ampiezza totale la superficie di un nuovo continente!

Non serve leggere un articolo o accendere al TV per comprendere la gravità del problema: chiunque di noi abbia raccolto un rifiuto in riva al mare sa che 9 volte su 10 si tratta di un oggetto di plastica.

È esattamente così che la plastica diventa l’ingrediente-base della catena alimentare degli animali e arrivando fino all’Uomo. Si accumula nell’ambiente ad un ritmo incredibile, e rimane nell’ecosistema per decenni riducendosi infinite volte in minuscoli pezzetti (micro-plastiche) che entrano nella catena alimentare della fauna ittica, compromettendone la sopravvivenza, per poi tornare – in maniera inevitabile – dritta nel nostro piatto.

 

riuso plastica

Un problema planetario

Il problema, ovviamente, non è italiano, ma globale. E la colpa non è solo dei cittadini poco virtuosi, ma anche dei Governi e delle logiche che dominano il mercato. Il modo stesso in cui gli oggetti di plastica sono progettati, prodotti, impiegati e smaltiti danneggia l’ambiente.

La plastica, infatti, è un derivato del petrolio: un materiale leggero, inerte, resistente, duraturo ed economico, decisamente più conveniente del cartone o di altri materiali meno impattanti. Se al Mondo si utilizza così tanta plastica è perché se ne produce sempre di più e non solo in campo alimentare, ma anche in altri settori (giocattoli, utensili, componenti di prodotti, vestiti, ecc). In un certo senso, è come se non avessimo altra scelta che comprare plastica, anche se questo non giustifica il modo discutibile e poco responsabile in cui la usiamo e la gettiamo via.

"dal 2021 l’Europa dirà stop all’utilizzo indiscriminato di oggetti monouso in plastica".

Oltre a fare la raccolta differenziata, insomma, dovremmo essere tutti un po’ più accorti ed evitare che la plastica prenda definitivamente il sopravvento sulle nostre vite. E se da una parte è vero che le grandi rivoluzioni partono dai gesti più semplici, è anche vero che i buoni propositi in questo caso non bastano: le soluzioni più urgenti sono quelle legislative e l’orientamento da seguire deve scoraggiare a livello globale l’utilizzo della plastica nelle filiere produttive.

Questo è ciò che l’Europa sta cercando di fare dal 2018, anno in cui la Commissione Europea ha depositato la prima bozza della direttiva comunitaria sull’inquinamento da plastica. Gli obiettivi sono ambiziosi: entro il 2030 tutti gli imballaggi immessi nel mercato dell’UE dovranno essere riciclabili almeno per il 30 % del loro contenuto e già dal 2021 l’Europa dirà “stop” all’utilizzo indiscriminato di oggetti monouso in plastica. Anche le bottigliette in PET, dal 2025, dovranno essere prodotte a partire da materiali riciclati o alternativi alla plastica ed entro la stessa data agli Stati UE toccherà raccogliere almeno il 90% delle bottigliette in circolazione.

"una politica comunitaria plastic free creerà migliaia di posti di lavoro".

L’obiettivo finale è far risparmiare all’ambiente più di 3 milioni di tonnellate di rifiuti e CO2 (pari a 22 miliardi di euro in danni e ambientali) e 6,5 miliardi ai cittadini della Comunità. Senza considerare, poi, che in alcune Regioni europee l’inquinamento prodotto dal fenomeno del plastic littering è tale da compromettere il turismo, la pesca e la navigazione.

La sostituzione di molti prodotti in plastica con alternative più ecologiche e innovative è un’occasione imperdibile anche in termini occupazionali: l’UE stima che una politica comunitaria plastic free creerà migliaia di posti di lavoro in un campo, quello della bio-economia, in cui l’Europa è leader mondiale.

 

 

L’Europa dice “stop” alla plastica monouso

La procedura legislativa avviata dalla Commissione Europea in tema di riduzione dei rifiuti di plastica fa parte di un approccio più ampio e articolato, che comprende la strategia per la plastica, il piano d’azione per l’economia circolare e la revisione delle norme in materia di rifiuti. La Commissione ha integrato tutte le azioni comunitarie in difesa dell’ambiente e del clima nei diversi programmi di spesa, facendo convergere buona parte delle proposte nel programma “Life” lanciato nel 1992.

La strategia europea per la plastica in una economia circolare è, dunque, un ulteriore impulso al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030 da parte degli Stati Membri. Il principio ispiratore è quello della responsabilità estesa, dal produttore al consumatore: chi inquina, paga.

Lo scopo non è demonizzare la plastica, ma promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, con particolare attenzione alla plastica monouso. Assieme agli attrezzi da pesca abbandonati, essa rappresenta l’84% dei rifiuti complessivi ed è la fonte di inquinamento più pericolosa per l’ecosistema marino.

"promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili".

Per questo motivo, alcuni oggetti di uso comune spariranno definitivamente dal mercato; altri dovranno rispettare dei vincoli di etichettatura, riciclabilità ed eco-sostenibilità molto più stringenti perché possano essere commercializzati. Ad esempio, bottigliette e vaschette monouso dovranno avere obbligatoriamente tappi e coperchi che restano attaccati al contenitore e tutti gli Stati saranno tenuti a raggiungere una significativa riduzione del consumo di questi prodotti.

E per avvicinare i cittadini al tema, la Commissione ha creato anche il sito bereadytochange.eu che invita a non farsi conquistare dal potere seduttivo della plastica monouso e cercare alternative ecologiche ai classici sacchetti, bicchieri, cannucce, posate e piatti monouso. Usare stoviglie ‘vere’, ridurre gli imballaggi e lavare qualche piatto in più: si risparmia e si aiuta l’ambiente. L’auspicio è quello di porre fine ad un’era, quella della cultura usa-e-getta, che sta letteralmente avvelenando il Pianeta.

La cultura del risparmio, insomma, si costruisce giorno dopo giorno e si diffonde solo attraverso azioni ed iniziative concrete che le Banche del Credito Cooperativo sostengono su tutto il territorio. Perché per le BCC ogni passo è importante per cambiare il Mondo. Un impegno confermato anche dalla creazione del Consorzio BCC Energia, grazie al quale nel 2018 oltre 120 BCC hanno acquistato energia green in forma consortile evitando l’immissione in atmosfera di 32.800 tonnellate di co2.

 

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