di Ludovica Galeazzi
Castelluccio di Norcia, paese sull’altopiano simbolo dei Monti Sibillini. A 1452 metri di quota, al centro di una piana lunare, senza neppure un albero. Si dice che sia l’aria fredda che si incunea tra questi monti a stroncare ogni arbusto.
Tuttavia, con il caldo e la siccità per i quali sarà ricordata l’estate 2017, la piana assomiglia ad una steppa. La vita sembra aver abbandonato questi luoghi. L’unico movimento è rappresentato da due puntini che volano nel silenzio. Saranno deltaplani o parapendii?
Passavo spesso per Castelluccio, punto di partenza per tante escursioni verso le cime che lo sovrastano. Dai sentieri, fermandomi per riprendere fiato e guardando il panorama, si vedeva spesso una lunga fila scintillante di macchine lungo la strada che attraversa l’altopiano.
" Vedere una volta sola la fioritura non basta: cambia ogni anno, anzi ogni settimana, con nuovi fiori che sbocciano e altri che appassiscono.".
Dalla primavera all’autunno la piana di Castelluccio era paradiso per escursionisti, fotografi, pittori e amanti della natura. Soprattutto durante la fioritura di maggio e giugno, i campi erano presi d’assalto da turisti armati di macchine fotografiche e smartphone. Vedere una sola volta la fioritura non basta: cambia ogni anno, anzi ogni settimana, con nuovi fiori che sbocciano e altri che appassiscono.
Dopo il terremoto del 2016, cos’è rimasto di questo luogo dalla bellezza inusuale?
Per capirlo incontro Nicholas, 21 anni compiuti da poco, dalla vicina Terni.
Sta studiando per l’esame di Chimica del suolo su una panchina con una vista mozzafiato sui monti. Che ci fa uno studente universitario a Castelluccio?
“I miei nonni sono di qui, e qui c’è l’azienda agricola di famiglia. Mi è sempre piaciuto stare qui tra le montagne e dare una mano a raccogliere le lenticchie o a mungere le pecore”.
Da quei fine settimana e quelle estati passate sulla piana di Castelluccio ad aiutare i nonni, è nata la sua passione per le attività agricole che lo ha spinto ad iscriversi ad Agraria.
Ma tra la scuola, l’università e un lavoro, ha sempre trovato il tempo per andare a Castelluccio. Era proprio in macchina sull’altopiano la sera del 26 ottobre 2016, quando la scossa di terremoto ha distrutto il paese.
Vita da sfollati
Nicholas mi fa conoscere alcuni dei pastori e agricoltori che si rifiutano di lasciare Castelluccio.
Nonostante in molte zone terremotate siano state realizzate stalle provvisorie per gli animali, i pastori di Castelluccio non lavorano più. C’è chi ha perso il caseificio e non munge le pecore da quel maledetto ottobre.
Alcuni pastori, come Augusto e la moglie, vivono in camper donati da associazioni e volontari. Rimangono nella piazzetta di Castelluccio, l’unica parte del paese sgombra da macerie. Hanno ricostruito la vita di paese con un tavolino, qualche bicchiere di vino e una partita a carte davanti al camper.
I ritardi nell’apertura delle strade hanno creato molti malumori. I coltivatori di lenticchie hanno seminato in ritardo, tra le proteste. L’isolamento ha interrotto per mesi le attività agricole e messo a rischio la semina della lenticchia.
La viabilità è una preoccupazione anche per chi, come Luciano, era proprietario di attività ricettive e commerciali a Castelluccio. È riuscito a riaprire una delle attività in piazza, sotto una tenda.
"A parere di molti, solo aprendo le strade verso le Marche i turisti torneranno a popolare l’altopiano".
“Dopo mesi di attese è stata riaperta solo una strada, giusto in tempo per la fioritura. Ma ora è una strada senza sbocco, che finisce a Castelluccio”.
A parere di molti, solo aprendo le strade verso le Marche i turisti torneranno a popolare l’altopiano. Forse così ci sarà una prospettiva anche per i dipendenti che erano impiegati negli oltre 40 agriturismi, bed&breakfast, ristoranti e esercizi commerciali di Castelluccio. Centinaia di posti di lavoro scomparsi dopo il terremoto.
La potenzialità c’è
Malgrado la strada, qualche turista coraggioso – e solidale – c’è. Fa ben sperare vedere escursionisti con scarponcini e zaini tornare dai monti. Molti sentieri sono già in sicurezza, e sia le famiglie sia i più agguerriti e preparati camminatori troveranno escursioni adatte. Anche la scuola di volo ha riaperto. Chissà se la prossima estate si vedranno nuovamente deltaplani e parapendii lanciarsi in volo uno dopo l’altro e affollare il cielo.
Altri turisti si fermano nella piazzetta. Dal belvedere fotografano il panorama dei monti di fronte a loro e poi si girano e fotografano anche le rovine alle loro spalle. La maestosità della natura e la gravità delle rovine finiranno entrambe sui social. Sembra un conflitto, ma c’è qualcosa di sublime in entrambe le immagini.
Dopo le foto, il souvenir più gettonato è l’eccellenza gastronomica umbra, la lenticchia di Castelluccio. Il suo acquisto è diventato il simbolo della solidarietà verso i terremotati.
Ma non tutti sanno che c’è anche la roveja: non è così famosa ma altrettanto buona. Specie se trasformata in farina e poi in una specie di polenta, la “farecchiata”. Davvero deliziosa quella assaggiata nella struttura ristorante, una tensostruttura modello “sagra” dove sette ristoratori di Castelluccio lavorano insieme servendo i piatti tradizionali. Sembra proprio vero che le difficoltà uniscono: ristoratori che prima erano concorrenti ora collaborano.
Eppure, sulla ricostruzione e delocalizzazione si sentono molte voci discordanti. Dopotutto ci troviamo in un’area protetta, nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini e i progetti di ricostruzione dovranno tenerne conto. Molti sono consapevoli che Castelluccio è un simbolo, “è sotto i riflettori”.
"È l’armonia della natura che può richiamare nuovamente i turisti tra questi monti".
A Castelluccio, fino al 2016, c’erano più di 50 aziende attive nel turismo e nell’agricoltura. Oggi, a causa del terremoto, sono quasi tutte ferme o delocalizzate. Molti imprenditori sono soci della BCC di Spello e Bettona e continuano a lottare per fare ripartire l’economia di un territorio unico al mondo. Le banche di comunità sono anche questo.
Speriamo che la ricostruzione proceda rapidamente, ma anche che la magia della piana non si perda. È l’armonia della natura che può richiamare nuovamente i turisti tra questi monti. Come sta già facendo, penso dopo aver incontrato due pensionati tedeschi di Stuttgart. Dopo la prima vacanza in Umbria – più di 30 anni fa – avevano comprato una casetta proprio a Castelluccio. Dopo il terremoto, nonostante la casa inagibile, non vogliono rinunciare a questo luogo meraviglioso. E per questo hanno acquistato un camper e continuano a trascorrere l’estate sul Pian Grande.
È un finale poco credibile, ma vero. Se andate a Castelluccio, è possibile che incontriate anche voi il camper tedesco con i due irriducibili turisti a bordo.
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