Lo chiamano welfare locale e poco ha che vedere ha con quello tradizionale o con quello aziendale. Dal Piemonte alla Puglia, ecco come si organizza il nostro Paese.
C’era una volta il Welfare, sì, con la w maiuscola che non è un refuso, ma sta a indicare quelle politiche messe in atto dallo Stato per garantire il benessere e la salute dei cittadini. Un welfare che essenzialmente nasceva – e nasce ancora – dalle decisioni di Governo e Parlamento per venire incontro ad anziani, giovani, famiglie, ma anche single, insomma per tutti i cittadini. Neanche il “c’era” è un refuso, ma, senza essere troppo disfattisti, sappiamo bene come negli ultimi tempi, vuoi per via delle risorse pubbliche che sono sempre più scarse, vuoi perché negli ultimi anni non c’è stata una grandissima stabilità politica, il welfare di Stato sta influendo sempre meno sul miglioramento delle condizioni di vita. O meglio: lo Stato non è più l’unico attore a rispondere alle esigenze dei cittadini.
Accanto al welfare di tipo tradizionale, infatti sta sempre più prendendo piede il welfare aziendale: imprese che sostengono i propri dipendenti anche nei bisogni più strettamente privati con asili nidi a pochi passi dall’ufficio, servizi di baby sitting o maggiordomi che vanno a ritirare la posta o la biancheria in lavanderia. Non è ancora così diffuso in Italia, lo sappiamo, ma più spesso di quanto avveniva in passato, mamme o papà che lo sono diventati da poco, trovano sul posto di lavoro quel sostegno che spesso non trovano fuori.
Il welfare locale: sempre più diffuso
E tra questi due tipi di welfare si sta facendo strada un altro tipo, che potrebbe essere definito “secondo” o meglio dire locale. Un aggettivo che non è solo sinonimo di una dimensione fisica, legata dunque a un luogo, ma che racchiude, in una sola parola, tutti quegli attori, naturalmente generativi, che sono legati a un territorio e fanno di tutto per migliorarlo. Attori che, insieme o meno alle istituzioni locali, investono sui valori della collaborazione, della solidarietà, del venirsi incontro a vicenda con un obiettivo tra tutti: il bene comune.
La rivoluzione “energetica” di Melpignano
Un welfare che, da Nord a Sud, è spesso legato alle cosiddette cooperative di comunità, come per esempio avviene a Melpignano (Lecce). Paese di poco più di 2mila abitanti, nel cuore del Salento, forse più conosciuto per la Notte della Taranta che per una piccola grande rivoluzione messa in atto dai suoi abitanti alcuni anni fa.
Per colmare il vuoto della perdita delle aziende municipalizzate, sindaco e cittadini hanno dato vita a una cooperativa di comunità per usare in modo consapevole il fotovoltaico e far sì che tale scelta non avesse solo una rilevanza dal punto di vista ambientale, ma che potesse davvero migliorare la vita di tutti. In che modo? Alcuni abitanti hanno messo a loro disposizione il tetto di casa, senza spendere soldi per l’impianto e potendo utilizzare per 20 anni l’energia generata con lo scambio sul posto. Diversi ingegneri si sono occupati di realizzare il progetto, i fabbri del telaio, gli elettricisti di montare gli impianti, il sindaco, ovviamente, di supervisionare il tutto.
"I bisogni dei cittadini vengono risolti dai cittadini stessi".
Con quale scopo? Ovviamente dare energia al paese, ma non solo: vendere ad altri quella che non viene consumata e reinvestire, di conseguenza, gli utili che ne derivano. Una parte infatti serve al Comune per pagare un mutuo in sospeso, l’altra va ai cittadini sotto forma di interventi migliorativi per la qualità di vita: sistemazione degli impianti sportivi, dei marciapiedi, messa in piedi della mensa scolastica e così via.
Un’idea partita dal basso, facendo qualcosa che distingue il welfare locale da tutto il resto. I bisogni dei cittadini vengono risolti dai cittadini stessi, che si mettono in gioco e pensano davvero a qualcosa che può fare felici tutti, senza distinzioni. Niente egoismi, niente prevaricazioni: tutti partecipano, tutti ci guadagnano. Vi pare poco?
Il salvataggio di un paese a Succiso, frazione di meno di 100 abitanti
Spostando l’obiettivo un po’ più a Nord, vicino alle Alpi le persone non stanno di certo a guardare. Anzi a Succiso, piccolo piccolo paese arrampicato sull’Appennino tosco-emiliano e in provincia di Reggio Emilia, i cittadini hanno cominciato a rimboccarsi le maniche in tempi non sospetti, quando cioè ancora non si parlava né di welfare locale né tantomeno di cooperative di comunità. Tutto accadeva nel 1991 e da allora di strada ne è stata fatta tanta, così tanta a dire il vero, che da queste parti nel gennaio scorso i complimenti dell’ex ministro Poletti per essere arrivati secondi all’Award mondiale dell’UNWTO, agenzia mondiale ONU per il turismo che premia le realtà che si si distinguono e nell’innovazione turistica, non sono passati sotto gamba.
Ma per capirne di più, è necessario – lo sappiamo – fare un passo indietro. A Succiso nel ‘91 nasce una cooperativa, dal nome Valle dei Cavalieri, che inizia a disegnare il suo futuro proprio mentre il paese stava quasi per scomparire. In quell’anno infatti aveva chiuso l’unico bar, poco prima l’ultima bottega, non restava più niente se non il… deserto. E se questo non vi sembra proprio “welfare”, pensateci bene: che benessere ci può essere in un paese fantasma? Ok, si ha la casa, si ha il lavoro, ma poi? E così alcuni ragazzi del luogo che facevano capo alla Pro Loco, non sono rimasti con le mani in mano e hanno cominciato con il ristrutturare la vecchia scuola del paese, da lì hanno aperto un bar e una bottega di prodotti alimentari che adesso serve ai paesi vicini, visto che il negozio meno distante… dista in effetti 20 chilometri.
"non c’è nessuno che possa conoscere il territorio e i suoi cittadini meglio di chi lo abita".
Un modo, questo, per rispondere ai bisogni che giorno dopo giorno nascevano nel paese e di farlo concretamente. D’altra parte, questo tipo di welfare lo insegna: non c’è nessuno che possa conoscere il territorio e i suoi cittadini meglio di chi lo abita.
La cooperativa esiste ancora e i soci sono circa una trentina, ma non si è fermata mica al bar e al negozio. Nel frattempo sono nati un ristorante, un’azienda agricola e i ragazzi hanno deciso di riprendere una tradizione di quelle zone: l’allevamento di pecore e la conseguente produzione di un formaggio locale.
In più, Succiso e la cooperativa fanno scuola, in ogni senso. Ci sono delegazioni che vengono dalla Svizzera per capire il modello, così come la stessa cooperativa ha dato il via ad attività didattiche in modo da fare sperimentare, ai ragazzi e direttamente sul campo, i diversi tipi di lavorazioni. Vengono anche organizzati stage sportivi, escursioni estive e con le ciaspole, c’è persino una scuola di montagna. La cooperativa ha poi un agriturismo e un centro benessere.
Il segreto di Succiso? Che non solo la cooperativa non ha fatto morire il paese – che in realtà è una frazione e ha meno di 100 abitanti che aumentano in estate – ma mettendo insieme le forze e avvalendosi della professionalità di tutti i cittadini, ha dato nuovo impulso all’economia locale. Infine, cosa tutt’altro che trascurabile, la cooperativa svolge commissioni per gli anziani e accompagna i bambini a scuola. Welfare in piena regola.
A Borgomanero la salute è gratis grazie ai primari in pensione
E come la mettiamo con la salute? A Borgomanero, in provincia di Novara, ci hanno pensato dei primari andati in pensione che, sotto l’egida dell’Auser locale, hanno dato vita a un poliambulatorio gratuito per poveri, anziani e immigrati.
Qui i tempi di attesa sono davvero brevi, i soldi necessari arrivano da donazioni private e tutti vincono la loro partita: le persone che possono farsi curare senza spendere un soldo e questi anziani che, dopo essere stati anni in corsia, trovano ancora un motivo per amare il loro lavoro e continuare a farlo. Odontoiatria, cardiologia, ma anche ecografie, ecodoppler sono solo alcuni dei servizi offerti ai cittadini.
La Bottega di quartiere a Milano per i NEET
Nasce invece in questi giorni a Milano Sud la Bottega di quartiere, progetto voluto dalla onlus Amici di Edoardo, nel quartiere Barona. Di cosa si tratta? 15 ragazzi e ragazze si comportano come maggiordomi di quartiere accompagnando gli anziani a fare la spesa, sbrigando pratiche amministrative, offrendosi di cambiare una lampadina, facendo baby sitting ma anche pet sitting. Il progetto è bello per vari motivi: non solo perché un quartiere periferico si organizza da sé, ma anche perché i ragazzi sono dei veri e propri NEET e con la “Bottega” hanno una chance per migliorare se stessi. Certo, in questo caso il servizio non è gratuito, ma a fronte di una spesa minima tutto il quartiere ne potrà giovare.
Perché, in fondo come diceva Vince Lombardi, allenatore di football americano: “Le persone che lavorano insieme vinceranno. Sia che si stia lottando contro una complessa difesa di football, o contro i problemi della società moderna”. E il welfare locale ha tutti i presupposti per risolvere almeno una parte, di quei problemi.